REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA - Comunione o separazione dei beni?
Quando si parla di regime patrimoniale della famiglia si fa riferimento al complesso di norme poste dalle parti o, in mancanza, dalla legge, che disciplina
la titolarità e l'amministrazione dei beni dei coniugi.
Prima della riforma del
diritto di famiglia (prima del 1975), il regime patrimoniale legale, ossia quello che si applicava "di diritto" nel silenzio delle parti, era quello della
separazione dei beni per cui ciascuno dei due coniugi conservava la
titolarità, il godimento, e l'amministrazione esclusiva dei beni acquistati
durante il matrimonio. Questo sistema contrastava con alcuni principi della Costituzione la quale sancisce, tra altri, il principio dell'uguaglianza morale
e giuridica dei coniugi. Principi ai quali si è ispirata la
riforma del diritto di famiglia che ha previsto quale regime patrimoniale legale (= operante salvo diversa convenzione
matrimoniale tra i coniugi), non più la separazione dei beni ma la comunione legale dei beni in forza della quale i beni acquistati durante il matrimonio sono comuni a entrambi i coniugi (anche se è intervenuto solo uno all'atto di acquisto). La comunione legale rappresenta l'attuazione del principio di uguaglianza giuridica e morale dei coniugi perchè, in questo modo, si è voluto riconoscere il contributo della donna alla gestione familiare dedicadosi alla cura della casa e dei figli (ed era il 1975, non il Medioevo...).

Vediamo bene in cosa consiste la comunione dei beni, quali di essi cadono in comunione e come è possibile scegliere un regime patrimoniale differente (perchè è possibile, tranquilli)!
La comunione dei beni è quel regime patrimoniale in base al quale gli acquisti della famiglia, salvo alcune eccezioni, sono comuni e possono essere divisi solo con lo scioglimento del matrimonio o nei casi previsti dalla legge.
Questo tipo di regolamento "legale" diviene operante automaticamente all'atto di matrimonio, salvo che i coniugi non vi deroghino espressamente con una specifica convenzione.
Ma... cosa cade in comunione? L'art. 177 c.c. contiene un elenco di beni che costituiscono oggetto della comunione:
a) Gli acquisti compiuti congiuntamente o separatamente dai coniugi durante il matrimonio, con esclusione di quelli personali
I beni potranno essere rivenduti solo con l'accordo di entrambi i coniugi.
b) I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione
c) I proventi dell'attività separata di ciascuno dei due coniugi, se allo scioglimento della comunione non siano stati consumati;
Quindi, in comunione vengono attratti gli acquisti di un bene e non le "entrate" dei coniugi: finchè è in vita il rapporto coniugale, ad entrambi i coniugi vengono attribuiti i beni acquistati (dall'uno o dall'altro); alla fine del rapporto, invece, viene assegnato ai coniugi quanto rimane dei frutti dei beni personali e dei proventi dell'attività dei singoli (il risparmio, ciò che non è stato speso). Al riguardo si parla di comunione de residuo.
d) Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Se sono aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
Soffermiamoci ora un attimo sulla categoria di beni che sono considerati dalla legge beni personali che, in quanto tali, NON cadono in comunione (quelli citati alla lettera a). Questi beni sono:
· beni di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento (chiaro: qualsiasi cosa compriate, o qualsiasi altro diritto abbiate, prima del matrimonio, questo rimane vostro);
· beni acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione,
quando nell'atto di lberalità o nel testamento non è specificato che
essi sono attribuiti alla comunione (la regola è che se ereditate
qualcosa o se lo ricevete in donazione, questa sarà vostra anche se la
ricevete dopo il matrimonio; salvo in caso il testatore o il donante
specifichi che il bene è attribuito alla comunione);
· beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
· beni
che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli
destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;
· beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno o la pensione attinenti alla perdita (parziale o totale) della capacità lavorativa;
· beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di beni personali (ossia
con i soldi ricevuti dalla cessione di uno dei beni sopraindicati),
purchè ciò non sia espressamente dichiarato nell'atto di acquisto.
Riassumento e precisando:
abbiamo detto che qualora uno solo dei coniugi proceda all'acquisto, senza che l'altro sia
presente (potrebbe anche non essere affatto a conoscenza
dell'acquisto), la proprietà del bene sarà acquistata automaticamente da
entrambi. Quindi, qualora i coniugi, in
accordo tra loro, vogliano evitare tale effetto automatico di
caduta in comunione del bene, l'unica alternativa loro concessa sembra quella di concludere una convenzione matrimoniale di separazione dei
beni
o di comunione convenzionale prima dell'acquisto.
La legge prevede però una serie di ipotesi nelle quali, pur rimanendo
vigente tra i coniugi il regime di comunione legale, è consentito che
un bene acquistato da uno solo di essi rimanga di proprietà personale di
quest'ultimo, senza entrare a far parte della comunione. Si tratta dei beni personali di cui vi dicevo sopra.
Quindi, sarà possibile che, in sede di acqusito da parte di uno solo dei coniugi in comunione legale, questo dichiari nell'atto che il bene da lui
acquistato ricade fra i beni immobili di uso strettamente personale (es. perchè serve all'esercizio della professione del coniuge acquirente, perchè è stato acquistato con denaro personale o perchè acquistato scambiando beni personali). In questo modo si eviterà l'effetto automatico di caduta in comunione.
Inoltre, allo scopo di tutelare i diritti del coniuge economicamente
più debole, la norma prevede che, qualora si tratti di un acquisto
immobiliare, tale dichiarazione di esclusione dalla comunione legale,
per essere efficace, debba essere confermata dall'altro coniuge, quello
non acquirente, che dovrà necessariamente essere presente e
sottoscrivere l'atto con il quale l'immobile viene escluso "in suo
danno" dalla comunione legale.
Ulteriore precisazione: questa dichiarazione del coniuge
non acquirente, qualora non corrisponda al vero, sia stata "estorta" o prestata di comune accordo tra i
coniugi, potrà essere successivamente impugnata in giudizio, con
l'effetto di ristabilire il regime di comunione legale sul bene
acquistato.
Relativamente all'amministrazione dei beni: l'amministrazione ordinaria (es. recesso da un contratto di locazione) spetta disgiuntamente ad entrambi i coniugi; per quella straordinaria e per la stipula di contratti con i quali trasferiscono diritti personali di godimento è richiesto, invece, il consenso di entrambi i coniugi.
Vediamo allora il regime statisticamente più scelto dai coniugi, ossia il regime di separazione dei beni, ossia, il regime della titolarità esclusiva degli acquisti e della completa autonomia della gestione da parte di ciascuno dei coniugi.
La convenzione di separazione può essere stipulata in ogni tempo (rappresenta una novità quella di poter scegliere il regime di separazione anche nell'atto di celebrazione del matrimonio) e deve rivestire la forma dell'atto pubblico con presenza di testimoni (l'eventuale nullità comporta la permanenza della comunione legale).
Ciascun
coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui è titolare
esclusivo.
Se uno dei due coniugi amministra i beni dell'altro, nonostante l'eventuale opposizione
di questi, risponde dei danni arrecati e della mancata percezione dei frutti
(caso di amministrazione con procura ma con successiva opposizione).

Abbiamo detto che, in mancanza di pattuizioni diverse dei coniugi, si instaura il regime patrimoniale legale della comunione dei beni. Questo presuppone, quindi, che i coniugi possano prevedere un altro regime patrimoniale (vedi la scelta del regime della separazione dei beni); inoltre, i coniugi possono derogare al regime della comunione legale attraverso la stipula di convenzioni matrimoniali.
Le convenzioni matrimoniali sono, quindi, accordi con cui i coniugi adottando un determinato regime patrimoniale. Devono essere stipulate per atto pubblico, dinnanzi a due testimoni. La legge pone dei limiti stabilendo che i coniugi non possono derogare alle norme fondamentali che reggono il rapporto matrimoniale.
Esse possono essere stipulate in ogni
tempo (sia
anteriormente, sia contestualmente, sia successivamente alla celebrazione del matrimonio). L'autorizzazione del
giudice è necessaria solo per il mutamento, dopo la celebrazione del
matrimonio, di convenzioni matrimoniali stipulate per atto pubblico prima
dell'entrata
in vigore della presente legge, e cioè del 6 maggio 1981.
Le convenzioni matrimoniali, come in ogni
tempo possono essere stipulate, così possono in ogni tempo essere modificate.
Tuttavia, le modifiche delle convenzioni matrimoniali,
anteriori o successive al matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico non
è stipulato con il consenso di tutte le persone che sono state parti nelle
convenzioni medesime o dei loro eredi.
- dichiarativa, mediante annotazione a margine dell'atto di matrimonio sia delle convenzioni sia delle modifiche, e costituisce condizione di opponibilità ai terzi (è il notaio rogante che deve, entro 30 giorni dalla data del matrimonio o dalla data dell'atto pubblico di modifica delle convenzioni, richiedere l'annotazione all'atto di matrimonio della convenzione matrimoniale dell'atto di modifica della stessa, e, nello stesso termine, richiedere l'annotazione a margine della trascrizione);
- notizia, le convenzioni matrimoniali che hanno ad oggetto beni immobili devono essere trascritte anche ex art. 2647 cc, con funzione di mera pubblicità notizia e non di opponibilità ai terzi.
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