TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE - Quando il trasferimento è illegittimo?
Quando si parla di trasferimento si fa riferimento al caso in cui venga modificato il luogo in cui il lavoratore deve prestare la sua attività, ma resta invariato il datore di lavoro: il lavoratore viene spostato definitivamente ad un'altra unità produttiva dell'azienda che deve essere ubicata in un luogo diverso da quello di provenienza e deve disporre di autonomia funzionale (deve avere la capacità di svolgere, anche parzialmente, l'attività dell'impresa). Quindi, per la validità del trasferimento, la sede presso la quale è spostato il dipendente non deve essere meramente strumentale o ausiliaria rispetto allo scopo dell'azienda o di una sua divisione.

È chiaro a tutti che il datore di lavoro può decidere di trasferire il
dipendente, indicandogli un luogo diverso da quello indicato nel
contratto di lavoro, poichè tale potere rientra nell'ambito dei poteri
direttivi del datore di lavoro e le ragioni del trasferimento dei dipendenti rientrano nel
diritto del datore di lavoro di gestire al meglio la sua impresa.
Il
datore gode di un'ampia discrezionalità in merito, ma non è libero di agire come meglio crede poichè vi devono essere ragioni oggettive e trasparenti trattandosi di decisioni che incidono sulla vita del
lavoratore.
Le varie ipotesi di trasferimento sono regolamentate dalla legge e dai
singoli contratti collettivi. La contrattazione collettiva, infatti, può
dettare ulteriori condizioni di legittimità del trasferimento che
possono riguardare tutti i dipendenti o solo alcune categorie (possono essere previsti limiti di età minima o massima entro cui è
ammissibile il trasferimento, oppure la necessità di un preavviso prima
della comunicazione formale al dipendente).
Per quando riguarda la previsione normativa statale, è stabilito che il
trasferimento di un lavoratore possa essere attuato solo per "comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive". Si, vuol dire tutto e non vuol dire niente.
Ciò che si fa e far riferimento a ragioni che tengano conto sia del diritto del datore di lavoro ad una gestione economica del'impresa, sia del diritto del lavoratore a non essere esposto a decisioni arbitrarie ed immotivate.
Se il datore di lavoro opera un trasferimento conforme a tutti gli
obblighi di legge e dotato delle giustificazioni richieste, il
lavoratore non può rifiutarsi di adempiere (anzi, se rifiuta non
adducendo giustificazioni tali da convincere il datore di lavoro a
modificare la propria decisione, rischia il licenziamento per
giustificato motivo soggettivo).
Se, invece, si tratta di un
trasferimento illegittimo (il datore non ha fornito le valide
giustificazioni o non sono state rispettate le condizioni e le regole
oggetto del contratto collettivo) il lavoratore può legittimamente
rifiutarsi di essere trasferito ed opporsi all'ordine di trasferimento.
Il trasferimento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60
giorni dal momento in cui il lavoratore ne ha conoscenza. Quindi, il
lavoratore deve rivolgersi ad un legale e presentare un ricorso alla
cancelleria del giudice del lavoro oppure tentare una richiesta di
conciliazione/arbitrato nei confronti del datore di lavoro: il ricorso
al giudice deve essere preceduto dal tentativo di conciliazione; quando
questo viene rifiutato o non si arriva ad un accordo, entro 60 giorni si
deve depositare il ricorso nella cancelleria del giudice.
Dal punto di vista dell'onere della prova, il datore di lavoro dovrà provare la concreta esistenza di determinate circostanze (non potendosi limitare ad un richiamo generico):
a) che il lavoratore trasferito non possa continuare a prestare la propria attività nella sede di provenienza;
b) che la sede di destinazione necessiti di un lavoratore con le competenze del dipendente trasferito;
c)
che i criteri di scelta del lavoratore trasferito, rispetto ad un altro
lavoratore con le medesime competenze, siano criteri oggettivi;
d)
che le ragioni tecniche, organizzative o produttive addotte dal datore
di lavoro siano oggettive e reali sia per la sede di provenienza che per la sede
di destinazione.
Si tratta di motivi che devono sussitere nel momento in cui il
trasferimento viene deciso e devono riguardare circostanze oggettive,
ossia non determinate da valutazioni soggettive: un trasferimento reso
necessario da un bisogno di una determinata manodopera in un differente
unità produttiva dell'impresa è legittimo; viceversa, un trasferimento
posto in essere per punire il lavoratore che abbia tenuto condotte
inappropriate è illegittimo perchè, in questo caso, il datore di lavoro
deve applicare le sanzioni disciplinari.
Se tutte queste condizioni (soggettive ed oggettive) del trasferimento
non vengono provate in giudizio dal datore di lavoro, il tribunale
rileva la nullità del testamento.
Queste motivazioni non devono
essere necessariamente indicate dal datore di lavoro nella lettera di trasferimento, ma deve farlo nel momento in cui sono
richieste dal dipendente (il datore di lavoro, se vuole evitare il
rischio che il alvoratore possa pensare a fargli causa, sospettando
l'illegittimità del trasferimento, fa bene a provare l'esistenza e la
fondatezza di queste ragioni). Vige il principio di libertà della forma:
le ragioni del trasferimento possono essere indicate in sintesi
nell'atto comunicato al lavoratore e poi essere integrate in un momento
successivo.

Certo, il giudice non può entrare nel merito delle scelte effettuate dal
datore di lavoro che gode di un'ampia discrezionalità, limitando il
giudice nella valutazione delle motivazioni addotte in favore del
trasferimento (il giudice non può valutarne l'opportunità, ma solo
verificare l'esistenza delle ragioni tecniche). Ma il datore di lavoro
deve comunque attenersi al rispetto della correttezza e della buona
fede, ed alla tutela degli interessi del lavoratore.
Tener conto
degli interessi non vuol dire, però, che la situazione soggettiva del
lavoratore costituisca un ostacolo al trasferimento poichè questa è
estranea al rapporto contrattuale (quindi, nella valutaziona circa
l'illegittimità del trasferimento, la situazione personale del
dipendente non prevale sulle ragioni tecniche/organizzative/produttive).
Eccezioni
possono derivare dai contratti collettivi, che possono dare una
maggiore rilevanza alle condizioni soggettive dei lavoratori, o dalle leggi
speciali (es. la "Legge 104" in materia di lavoratori disabili o che
assistono familiare disabile).
L'illegittimità e la nullità di un trasferimento possono essere dichiarati
solo da un tribunale e, fisiologicamente, può passare un notevole lasso
di tempo tra il momento in cui il lavoratore agisce in giudizio ed il
momento in cui il tribunale competente accerti l'evenutale illegittimità
dell'ordine di trasferimento.
Spesso, dinnanzi ad una eccezione di inadempimento formulata dal
lavoratore dinnanzi all'ordine di trasferimento illegittimo (che
renderebbe, quindi, il datore di lavoro inadempiente rispetto al
contratto di lavoro), il datore di lavoro reagisce con il licenziamento
del lavoratore. Ecco, se il giudice accerta l'illegittimità dell'ordine
di trasferimento, l'illegittimità ricadrà anche sul licenziamento che
era fondato sul rifiuto del lavoratore di eseguire tale ordine (rifiuto
che sarebbe pienamente legittimo).
La
dichiarazione giudiziale di illegittimità può determinare tutta una
serie di conseguenze: il giudice può dichiarare nullo il trasferimento
illegittimo ordinando la reintegrazione del lavoratore nel precedente
posto lavoro; inoltre, il lavoratore ha diritto al risarcimento di
eventuali danni e alla retribuzione per tutto il peridoo in cui, dopo
aver rifiutato il trasferimento, è rimasto a disposizione del datore di
lavoro senza essere riammesso in servizio presso la sede originaria.
Ok,
avete letto l'articolo e ve la siete messa via: il vostro datore di
lavoro può ordinarvi il trasferimento perchè le sue ragioni sono
legittime.
Ma... è giusto sapere che il trasferimento può incidere sul
trattamento salariale.
Mi spiego.
Anche in quest'ambito è importante
la contrattazione collettiva che disciplina la corresponsione di
un'indennità di trasferimento (in caso di trasferimento che non comporti un trasloco in un Comune
diverso, il lavoratore ha diritto all'indennizzo), oltre al rimborso
delle spese sostenute per lo spostamento in un luogo diverso.
E comunque, il trasfeirmento non può comportare diminuzioni salariali o modifiche allo stato previdenziale del lavoratore.
LaGiuristaTascabile
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